Occorre un’altra voce che si aggiunga al mare di voci che vogliono insegnare la via da percorrere per vivere la vita? Sinceramente non se ne sente il bisogno e non è mia la volontà d’insegnare, soprattutto quando io stesso ho ancora molto da imparare. Oggi tutti abbiamo una gran voglia di farci sentire, di comunicare, di esporre le nostre verità. Spesso nel farlo puntiamo il dito contro i mali del mondo, contro stili e comportamenti che si ritengono sbagliati. Anche le idee personali vengono prese di mira. Tutto ciò che è diverso da noi è oggetto delle nostre osservazioni e critiche. Le voci s’alzano numerose ed ecco che le parole si mischiano, si accavallano e si confondono tra di loro: è caos senza fine quella a cui oggi assistiamo che prende sempre più le sembianze di una vera e propria rissa verbale in cui si vuole prevaricare sull’altro. Ma di tutte queste parole cosa rimane? Ci si ricorda qualcosa di ciò che si è detto? C’è ancora qualcuno che sta ad ascoltare? Che è capace ad ascoltare? E se nessuno ascolta, con chi stiamo parlando? Non è di insegnare ad ascoltare, il mio intento è piuttosto invitare a smettere di parlare. Tornare al silenzio. C’è ancora qualcuno che apprezza la magia del silenzio? Il Silenzio. Quel mondo che a molti fa paura. Ma che potrebbe insegnarci molto di più di milioni di parole che oggi si perdono senza aver lasciato traccia. Nel silenzio troviamo la nostra verità, quella stessa verità che vorremo comunicare agli altri. Nel silenzio troviamo però anche i nostri punti bui, quelli che ci fanno paura e che non vorremmo vedere e far vedere agli altri. Vorremmo mostrarci sempre come se fossimo persone belle e brave e lo vogliamo a tal punto che le parole e le critiche che vengono mosse sottolineano un modo d’essere che vorremmo fosse preso ad “esempio” come giusto modo di comportarsi. Potremmo quindi accettare di osservare aspetti non belli, poco piacevoli di noi stessi? No, poiché ci porremmo nella stessa situazione di essere osservati e criticati e la nostra parola per quanto bella e giusta perderebbe di forza e di significato. E allora è meglio non osservarci e continuare a illuderci di essere meglio di chi osserviamo o a chi puntiamo il dito contro? Ma se abbiamo paura di osservarci riflessi nel silenzio, possiamo avere il diritto di guardare il riflesso degli altri? Con quale ipocrisia continuare ad “insegnare” a vivere? Di certo qualsiasi cosa vorremmo dire dovremmo rivolgerla anche verso noi stessi. E allora occorre che venga fatto. Avremo l’occasione di diventare ciò che abbiamo sempre voluto: persone speciali, importanti, che aiutano e insegnano la vita. Finalmente avremo qualcuno che non solo ci ascolta, ma che farà ogni cosa che gli diremo di fare. Avremo una grande responsabilità a cui non potremo più sottrarci. Saremo gli insegnanti di noi stessi, i nostri “maestri”. Non avremo più alibi e non ci sarà più nessuna ipocrisia. Tutto quello che faremo sarà rivolto verso di noi. E se crediamo in quello che vorremmo insegnare, non avremo difficoltà a metterlo in pratica. Altrimenti saremo di fronte alle nostre ipocrisie e con umiltà dovremo riconoscere che prima di giudicare gli altri dovremmo giudicare noi stessi. Occorre essere esempio concreto di chi siamo e di ciò in cui crediamo: solo così potremo dare valore e credibilità alle nostre verità.
sabato 2 gennaio 2010
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