Spesso ci impegniamo in riflessioni profonde alla ricerca della verità, del giusto e di ciò che è sbagliato. Più volte però la verità raggiunta non riesce nemmeno ad essere condivisa tra due persone che volerla presentare ad un pubblico più vasto c’impegnerebbe in uno sforzo senza che questo ci dia quella credibilità necessaria per avvalorare quanto da noi raggiunto. Ognuno infatti difenderebbe la propria convinzione e se ci lasciassimo prendere dalla diatriba ne nascerebbe una lotta con l’unico obiettivo di prevaricare l’uno sull’altro. Ma se riflettessimo sulla vita, questa ci direbbe che esistono diverse verità che ognuno di noi adotta a seconda della consapevolezza raggiunta e che ritiene valide e giuste. Spesso abbiniamo alla nostra verità il termine coerenza ossia la capacità di mantenere nel tempo la verità raggiunta. Essere coerenti è da sempre sinonimo di correttezza, di giusto, di non ipocrisia. Ma la coerenza è anche opposta al termine evoluzione. Ci dimentichiamo che la crescita di un popolo passa attraverso anche a verità non largamente condivise ma che l’esperienza della vita vissuta giorno dopo giorno, trasforma in passi verso una conoscenza più completa. L’incoerenza è evoluzione. L’incoerenza è permettere che il nuovo possa avanzare. L’incoerenza è credere che la vita è sempre in evoluzione ed è lasciare che questa si manifesti e si esprima in ogni suo forma. L’incoerenza è percorrere nuove strade, è aggiungere nuove mete all’esplorazione del sapere. L’incoerenza è accettare la realtà altrui come una verità possibile.
Se raggiungessimo questa consapevolezza, faremmo nostro il pensiero che non esiste la verità. Esistono diverse realtà che dovrebbero vivere come manifestazione ognuna della vita. Capiremmo che la verità è una realtà che vorremmo vivere come quella manifestazione della vita che più ci nutre e che più ci fa sentire vivi e in sintonia con tutto ciò che ci circonda. Capiremmo anche che ogni essere vivente ha la sua verità che lo nutre e che vorrà viverla per come ritiene giusto, così come noi vorremmo essere liberi di vivere la nostra. Imporre una verità come l’unica o darle più valore rispetto ad un’altra è limitare l’esperienza della vita altrui così come limitare la propria.
La vita così come la vorremmo non va imposta, non va approvata, non va difesa, va vissuta. Se c’impegnassimo a vivere la nostra realtà anziché combattere, difendere, limitare, quelle altrui, eviteremmo di preoccuparci, di arrabbiarci e vivremmo appieno ciò che è il nostro nutrimento ossia il nostro “giusto”modo di vivere. Dare sostanza e manifestare la nostra verità, divenendo esempio concreto in azione quotidiana, assumerebbe più forza e valore che mille parole infilate una dietro l’altra, che invece assumerebbero più che altro le sembianze di un esercizio filosofico in cui la capacità dialettica determinerebbe una realtà anziché l’altra ma non per questo ottenendo quella credibilità necessaria per essere accettate senza che il tarlo del dubbio non trovi spazio per manifestarsi. E’ come credere in Dio. La fede ci aiuta a fare nostra la realtà dell’esistenza di Dio pur non avendone prova certa. Ma senza la fede la realtà potrebbe essere anche diversa. Il dubbio per quanto non alimentato sarà sempre presente. Ma se vivessimo il nostro mondo in cui la presenza di Dio è la realtà, faremmo esperienza giorno dopo giorno di questo, vedendone la presenza in ogni cosa tutto attorno a noi e non avremmo bisogno di convincerci più di nulla: vivremmo Dio. Non occorrerà più aver fede, la consapevolezza acquisita non richiederà di essere creduta ma vorrà solo essere vissuta. La nostra esperienza e non la nostra dialettica sarà la forza capace di far crescere le coscienze.
domenica 21 febbraio 2010
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